
Forse noi grandi siamo convinti che la lettera a Babbo Natale sia solo una cosa da bambini.
Che poi crescendo non si fa più.
Che non serve.
Che è solo un gioco, una finzione.
Eppure i bambini, quando la scrivono, hanno negli occhi quella luce che noi adulti dimentichiamo.
Credono.
Desiderano.
Si danno un piccolo valore:
“Forse me lo merito.
Forse arriverà davvero.”
E se ci pensiamo bene, è un rito che potrebbe fare bene anche a noi.
Perché immaginare quel signore grande e buono, con la barba bianca, che si siede a leggere una marea di lettere, una ad una, con calma e attenzione…
è un’immagine che addolcisce la mente.
La rende più gentile.
Più aperta.
Più leggera.
Io, da qualche anno, la mia lettera la scrivo di nuovo.
In silenzio.
Due righe soltanto.
E il mio Babbo Natale arriva sempre.
Ci prova sempre a farmi felice.
Non perché ci sia magia (o forse sì)…
ma perché mi concedo il diritto di desiderare qualcosa di bello.
Qualcosa scelto con cura.
Qualcosa che voglio davvero.
Ed è così che non arrivano più regali “giusto per fare”:
arriva quello giusto.
Quello che parla a me.
Quello che desidero davvero.
E credo che il punto sia proprio questo…
non smettere di desiderare…
non smettere di credere che qualcosa di buono possa arrivare,
e che, soprattutto , ce lo possiamo anche meritare.
Un invito semplice.
A rallentare.
A scrivere.
A desiderare.
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